Venerdì notte il pm Rinaudo di Torino ha ordinato perquisizioni e sequestro di cellulari e pc di alcuni esponenti della Federazione Anarchica torinese partecipanti alla rete Non Una di Meno, per le scritte comparse un mese fa davanti al Tribunale di Torino contro la giudice Diamante Minucci e sulla sede della Croce Rossa contro Massimo Raccuia.
L’accusa è di imbrattamento e diffamazione.
Non ci interessa chi abbia fatto quello scritte, ma ciò che ci preme in questa vicenda è puntare l’attenzione sull’assurdità di un’operazione repressiva volta a punire e criminalizzare chi ha scritto sui muri ciò che di fatto abbiamo, non solo pensato, ma anche gridato in molte e molti nelle piazze l’indomani della sentenza.
Massimo Raccuia è uno stupratore e la Giudice Diamante Minucci ha difeso, protetto e assolto uno stupratore.
Non è diffamazione, è la verità.
Una verità che non è stata stabilita e fissata nelle aule di un tribunale, ma la verità che ha cercato in tutti i modi di raccontare Laura: l’unica verità che per noi conta e ha valore.
Evidentemente i giudici e i tribunali di questo paese sono considerati intoccabili come se fossero portatori di verità assolute e inconfutabili. Non possono essere criticati e messi in discussione, pena la denuncia di diffamazione, la stessa che rischia di dover affrontare Laura dal momento che ha accusato di stupro un uomo che il tribunale ha decretato essere innocente.
La Giudice Diamante Minucci, a capo della prima sezione penale del Tribunale di Torino, non deve aver gradito il clamore delle piazze e delle manifestazioni che l’hanno individuata come responsabile non solo di una sentenza assurda, ma di un giudizio inaccettabile su una donna che ha subito violenza.
Raccuia è stato assolto perchè Laura non ha urlato, non si è fatta massacrare di botte, non aveva segni visibili sul corpo delle violenze subite. Come se la reazione possa misurare la veridicità della violenza agita. Non è solo il buon senso a suggerircelo, ma anche l’esperienza diretta di qualunque donna abbia subito violenza: non tutte le donne reagiscono allo stesso modo di fronte a una violenza.
Ma per la giudice Diamante Minucci non sono bastati il buon senso e l’esperienza diretta della donna.
Laura non ha urlato, non ha reagito come avrebbe dovuto, quindi era consenziente. Come se il consenso si misurasse in decibel o sempre e comunque attraverso comportamenti manifesti.
Non è la prima volta che una donna che ha subito violenza al momento del giudizio nel confronti dello stupratore si ritrova giudicata e da parte lesa diventa imputata lei stessa. Sentenze che, assolvendo gli stupratori, non soltanto violano la donna una seconda volta, ma la mettono pure nella condizione di doversi difendere, di vedere la propria vita scandagliata, peggio, di dover subire diagnosi psichiatriche volte a screditarla, come se si fosse inventata tutto o se la fosse in qualche modo cercata.
Poiché la casta degli intoccabili è stata criticata e attaccata, la questura si è mobilitata in sua difesa, arrivando a perquisire, denunciare e sequestrare materiali per due banali scritte sui muri.
Come NonUnaDiMeno, il 12 aprile abbiamo organizzato presidi e azioni davanti ai tribunali di diverse città in solidarietà a Laura e per denunciare la violenza che le donne subiscono durante i processi per stupro, che spesso le vedono diventare imputate a loro volta.
Di nuovo vogliamo ribadire che la solidarietà non si processa e che se toccano una toccano tutte!!!
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà alle compagne e ai compagni coinvolti nell’indagine della questura torinese, che insieme a noi hanno manifestato per le vie della città e fuori dal tribunale la nostra solidarietà a Laura e la nostra indignazione nei confronti della sentenza della Giudice Minucci.
NON UNA DI MENO TORINO
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